Lettera alla Provincia di Lecco, 25/10/2009

 

Caro Direttore,

Premetto che non appartengo al partito dell’ex-presidente della Regione Lazio, per il quale non ho mai votato e presumo che non voterò mai. Sono solo un cittadino che, per professione, da una quarantina d’anni osserva l’evolversi dei costumi sessuali nel nostro Paese e si confronta quotidianamente con i problemi generati da quell’evoluzione.

Fino a esattamente quarant’anni fa, il comportamento del sig. Piero Marrazzo avrebbe costituito reato e sarebbe quindi stata comprensibile l’indignazione dell’opinione piubblica e degli stessi suoi compagni di partito di fronte a un uomo che, incurante della carica politica che ricopre, viola una legge dello Stato. Ma Piero Marrazzo non ha violato alcuna legge dello Stato. Ha solo tenuto un comportamento che è considerato “peccato” dalla religione, e non l’ha fatto pubblicamente, ma in forma del tutto privata, e quindi senza dare scandalo. Il problema era e doveva rimanere solo fra lui e la sua coscienza, ammesso che sia un cattolico praticante. Chi ha commesso un reato e, viste le conseguenze, un reato gravissimo, sono state le persone che non solo hanno violato la sua privacy, ma hanno anche, e per fini del tutto abietti, portato alla divulgazione di quel suo comportamento.

Ora, se da una parte mi auguro che quelle persone vengano punite in modo per una volta davvero esemplare, così da scoraggiare definitivamente il ripetersi di queste alzate d’ingegno, dall’altra devo anche far presente che da punire, e anche più pesantemente, sarebbe buona parte della nostra società. Ciò che di ripugnante c’è in tutta questa storia, oltre al ricatto ordito nei confronti del sig. Marrazzo, è proprio il clima di ipocrisia che ha reso possibile quel ricatto. Fino a trenta o magari anche vent’anni fa, la riprovazione sociale nei confronti di certi comportamenti poteva forse giustificarsi nonostante che quei comportamenti non fossero già più reati. Ma oggi quella riprovazione sociale fa a pugni con i modelli di comportamento sessuale che questa società accetta tutti i giorni dai mezzi di comunicazione di massa, perfino dalle televisioni in prima serata, quando davanti agli schermi siedono bambini, anziani, e religiosi. Un’opinione pubblica che si sofferma morbosamente su tutte le varianti del comportamento sessuale e si compiace di giustificarle più o meno tutte, con la sola eccezione, per ora, della pedofilia, non dovrebbe nemmeno ridere di certe debolezze umane, figuriamoci stigmatizzarle. Per quale motivo allora, anche se ci autodefiniamo società sessualmente liberata, poi siamo così bigotti da dare agio ai ricattatori di fare i loro giochi? Continuiamo a dire che la società borghese degli anni precedenti il Sessantotto era ipocrita e bigotta, ma nei nostri confronti quella era una società di inarrivabile coerenza. Gli ipocriti e i bigotti siamo noi che sbaviamo davanti alle veline in televisione e poi, non contenti, ci succhiamo tutti i particolari dei festini del Presidente del Consiglio, del Principe Alberto, o di questo o quell’altro VIP. Solo per vedere fin dove sono capaci di arrivare e per condannarli, naturalmente…

Antonio Attanasio

 

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